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Due nuovi elementi nella tavola periodica: flerovio e livermorio

Altri due atomi, e precisamente il flerovio (elemento 114) e il livermorio (elemento 116), saranno presto aggiunti alla Tavola periodica degli elementi. «Si tratta di elementi particolarmente pesanti e altamente instabili con una vita breve che potrebbe essere dell’ordine di alcuni millisecondi», spiega Sergio Carrà, professore di chimica-fisica al Politecnico di Milano.
ESISTENZA EFFIMERA - «L’interesse che suscitano è soprattutto concettuale perché, avendo un’esistenza così effimera, non hanno un risvolto pratico». Il loro inserimento ufficiale avverrà tra cinque mesi, il tempo necessario all’International Union of Pure and Applied Chemistry di sottoporli a un pubblico controllo. Trascorso questo periodo di osservazione saranno addizionati ad altri tre elementi che da circa un mese hanno avuto l’onore di entrare a far parte della tavola; il darmstadtium (Ds), il roentgenium (Rg) e il copernicium (Cn).

I NOMI - Il nome livermorio (Lv) è stato dato in onore del laboratorio californiano dedicato a Lawrence Livermore, mentre quello di flerovio (Fi) in riconoscimento sia del fisico russo George Flerov e sia del Joint Institute for Nuclear Research’s Flerov Laboratory of Nuclear Reactions dove è stato sintetizzato. «I loro nomi contribuiscono non solo a ricordare il valore individuale di scienziati che si sono dedicati con impegno alla scienza nucleare e alla ricerca di elementi pesanti e super-pesanti, ma anche a sottolineare l’eccezionale cooperazione instauratasi tra questi due laboratori», dice Bill Goldstein, direttore del settore Physics and Life Science del Lawrence Livermore National Laboratory.

STORIA - Molta acqua è comunque passata sotto i ponti da quel lontano 1889, dall’anno in cui il chimico russo Mendeleev pubblicò la Tavola periodica degli elementi, ordinando i 63 atomi all’epoca conosciuti secondo il loro peso atomico crescente. «La sua era una classificazione basata sulle proprietà chimiche di elementi individuati con processi chimici, che conteneva molte lacune e lasciava non poche tessere vuote», ricorda Sergio Carrà. «Nonostante ciò, la sua struttura ha gettato le fondamenta della chimica moderna e non è stata intaccata neppure dalle due teorie fondamentali del XX secolo, vale a dire dalla teoria della relatività di Albert Einstein e dalla meccanica quantistica di Max Planck». Distante è anche la mentalità che permeava la metà dell’Ottocento, quando si conoscevano poco più di 50 elementi diversi e ci si chiedeva “Quanti ne rimangono ancora da scoprire?”. La voglia di superare il limite è proprio della natura umana e questa domanda nel corso della storia della Tavola periodica si è riproposta tante volte, anche quando conteneva 92 elementi e arrivava all’uranio.

TRANS-URANICI - L’ansia di avere a tutti i costi una risposta a quanti altri atomi si doveva ancora tenere il posto si è estinta via via con l’avvento negli anni Trenta dei processi nucleari che hanno dato origine a elementi con un peso atomico superiore a 92. «La loro esistenza può essere giustificata con il modello teorico del “nucleo a goccia”, in cui il nucleo è assimilato a una goccia di liquido sottoposto a forze repulsive (forza elettrostatica fra protoni) e a forse attrattive tra nucleoni (inclusivi di neutroni e protoni)», rammenta Carrà. Come sono stati prodotti? Attraverso il bombardamento di nuclei noti. «L’elemento 112 si è per esempio ottenuto facendo collidere l’isotopo piombo-208 con lo zinco-70. Il risultato è stato appunto l’elemento 112, con un’emivita di 240 millisecondi, più un neutrino. L’insieme dei nuclei esistenti definisce una vallata allungata, che caratterizza una buca di potenziale e che arriva all’incirca all’elemento 110», conclude Carrà. Anche questo limite è stato tuttavia superato da atomi ancora più pesanti posti al di fuori della vallata e sistemati in una zona che è stata battezzata Magic island, a cui ben presto si aggiungeranno il livermorio e il flerovio.


Autore: Manuela Campanelli
Fonte: Corriere.IT
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