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Russia: centrali nucleari galleggianti per dare energia all'Artico

La Russia ha grandi ambizioni sull’Artico (ne sanno qualcosa i 30 attivisti di Greenpeace), ma per sviluppare tutti i progetti del Cremlino, soprattutto in campo estrattivo, manca la cosa fondamentale: l’energia per far funzionare le apparecchiature. Dato che non è possibile costruire decine di centrali elettriche nei territori artici, e occorrerebbe troppo tempo, Mosca ha pensato già da alcuni anni di realizzare centrali nucleari galleggianti da spostare là dove è necessario. La prima chiatta - dopo un notevole ritardo a causa della bancarotta dei finanziatori - è stata costruita nei cantieri navali di San Pietroburgo e nei giorni scorsi ha ricevuto due reattori. Prossimamente sarà spostata con un lungo viaggio (Baltico, mar di Norvegia, mar di Barents, oceano Artico, stretto di Bering, oceano Pacifico) fino a Vilyuchinsk, nella penisola della Kamchatka, dove sarà operativa nel 2016.La Russia ha grandi ambizioni sull’Artico (ne sanno qualcosa i 30 attivisti di Greenpeace), ma per sviluppare tutti i progetti del Cremlino, soprattutto in campo estrattivo, manca la cosa fondamentale: l’energia per far funzionare le apparecchiature. Dato che non è possibile costruire decine di centrali elettriche nei territori artici, e occorrerebbe troppo tempo, Mosca ha pensato già da alcuni anni di realizzare centrali nucleari galleggianti da spostare là dove è necessario. La prima chiatta - dopo un notevole ritardo a causa della bancarotta dei finanziatori - è stata costruita nei cantieri navali di San Pietroburgo e nei giorni scorsi ha ricevuto due reattori. Prossimamente sarà spostata con un lungo viaggio (Baltico, mar di Norvegia, mar di Barents, oceano Artico, stretto di Bering, oceano Pacifico) fino a Vilyuchinsk, nella penisola della Kamchatka, dove sarà operativa nel 2016.

ESPERIENZA E INTERESSE - La prima chiatta - lunga 140 metri e larga 30 - costruita a San Pietroburgo è stata battezzata Accademico Lomonosov e ospiterà due reattori Klt-40S da 35 megawatt che sono stati installati nei giorni scorsi. Il progetto russo risale in realtà all’epoca sovietica. L’Urss, e ora la Russia, ha una notevole esperienza in rompighiaccio a energia atomica e in sottomarini nucleari. E alle centrali atomiche galleggianti russe hanno mostrato interesse anche Paesi affamati di energia come Cina, India, Bangladesh, Vietnam, Giordania e Turchia. Altre dieci chiatte simili all’Accademico Lomonosov saranno dislocate in aree remote e spopolate, di cui cinque saranno impiegate dalla Gazprom per fornire energia alle operazioni nell’Artico del gigante energetico russo.

PARTE DA LONTANO - Il progetto russo, però, non è il primo di questo genere, come ricorda su The Conversation Tony Roulstone, assistente di energia nucleare all’Università di Cambridge. Gli Stati Uniti nel 1966 montarono sulla Sturgis, una nave di classe Liberty, il reattore di un sottomarino nucleare. La Sturgis ha poi fornito energia alla zona del Canale di Panama tra il 1968 e il 1975. L’attuale progetto russo utilizza piccoli reattori destinati alle navi rompighiaccio alimentati da uranio arricchito al 30-40%, molto meno di quanto impiegato nei reattori delle centrali tradizionali sulla terraferma a causa delle limitazioni imposte dai trattati contro la proliferazione nucleare.

SICUREZZA - Però le organizzazioni internazionali non hanno notizie di quali siano i tassi di sicurezza dei reattori Klt-40S: Mosca ha imposto il top secret sui dati. In oltre 50 anni i rompighiaccio atomici russo-sovietici hanno avuto «solo» un paio di incidenti conosciuti, lo stesso non si può dire però dei sommergibili spinti a energia nucleare. Gli analisti rimangono scettici e alcuni esperti si spingono addirittura a parlare di una «Chernobyl sul mare», come John Daly, analista di Oilprice.com. E il clima dell’Artico non aiuta certo a dormire sonni sereni.ESPERIENZA E INTERESSE - La prima chiatta - lunga 140 metri e larga 30 - costruita a San Pietroburgo è stata battezzata Accademico Lomonosov e ospiterà due reattori Klt-40S da 35 megawatt che sono stati installati nei giorni scorsi. Il progetto russo risale in realtà all’epoca sovietica. L’Urss, e ora la Russia, ha una notevole esperienza in rompighiaccio a energia atomica e in sottomarini nucleari. E alle centrali atomiche galleggianti russe hanno mostrato interesse anche Paesi affamati di energia come Cina, India, Bangladesh, Vietnam, Giordania e Turchia. Altre dieci chiatte simili all’Accademico Lomonosov saranno dislocate in aree remote e spopolate, di cui cinque saranno impiegate dalla Gazprom per fornire energia alle operazioni nell’Artico del gigante energetico russo.

PARTE DA LONTANO - Il progetto russo, però, non è il primo di questo genere, come ricorda su The Conversation Tony Roulstone, assistente di energia nucleare all’Università di Cambridge. Gli Stati Uniti nel 1966 montarono sulla Sturgis, una nave di classe Liberty, il reattore di un sottomarino nucleare. La Sturgis ha poi fornito energia alla zona del Canale di Panama tra il 1968 e il 1975. L’attuale progetto russo utilizza piccoli reattori destinati alle navi rompighiaccio alimentati da uranio arricchito al 30-40%, molto meno di quanto impiegato nei reattori delle centrali tradizionali sulla terraferma a causa delle limitazioni imposte dai trattati contro la proliferazione nucleare.

SICUREZZA - Però le organizzazioni internazionali non hanno notizie di quali siano i tassi di sicurezza dei reattori Klt-40S: Mosca ha imposto il top secret sui dati. In oltre 50 anni i rompighiaccio atomici russo-sovietici hanno avuto «solo» un paio di incidenti conosciuti, lo stesso non si può dire però dei sommergibili spinti a energia nucleare. Gli analisti rimangono scettici e alcuni esperti si spingono addirittura a parlare di una «Chernobyl sul mare», come John Daly, analista di Oilprice.com. E il clima dell’Artico non aiuta certo a dormire sonni sereni.


Fonte: IlCorriere.IT
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