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Svelato il codice cifrato di Jefferson

Per oltre duecento anni le corrispondenze private del terzo presidente americano Thomas Jefferson sono state rese imperscrutabili da un codice cifrato che sembrava destinato a rimanere segreto per sempre. Ora, invece, grazie al lavoro di un crittografo di Princeton, il mistero sembra essere venuto alla luce (http://online.wsj.com/article/SB124648494429082661.html).

CORRISPONDENZA PRIVATA - Il primo messaggio criptico fu spedito al presidente nel 1801 da Robert Patterson, un matematico della Pennsylvania convinto di aver inventato il codice perfetto, assolutamente indecifrabile a chiunque fosse ignaro della particolare chiave di codifica. Jefferson e Patterson erano membri della Società Filosofica Americana, un’istituzione che promuoveva la ricerca scolastica in ambito scientifico e umanistico, entrambi affascinati dal linguaggio cifrato, tanto da scambiarsi numerose lettere sull’argomento. Secondo il matematico, la cifratura impeccabile avrebbe dovuto essere conforme a quattro proprietà fondamentali: adattabilità a tutte le lingue, facilità di apprendimento, semplicità di scrittura e lettura e, soprattutto, imperscrutabilità assoluta per chi non avesse famigliarità con il codice. Ed è lo stesso professore a illustrare al presidente Jefferson un esempio pratico (http://online.wsj.com/article/SB124648494429082661.html#articleTabs%3Dinteractive).

LA CHIAVE - Non si tratta di una semplice sostituzione alfabetica - la cui possibile violazione attraverso lo studio delle frequenze con cui compaiono le lettere era già nota nel XIX secolo - ma di un gioco grafico molto più arguto. Il codice di Patterson si basa su una riscrittura del testo originale in verticale, lettera dopo lettera, senza spazi, punteggiatura né maiuscole. Il testo così ottenuto viene diviso in sezioni, fino a nove righe ciascuna, e riordinato secondo una particolare crittografia. La chiave di codifica consiste in una serie di coppie di cifre. La prima cifra indica il numero della linea all’interno della sezione, mentre la seconda riporta il numero di lettere casualmente aggiunte all’inizio della riga. Inoltre, alcune lettere vengono ulteriormente aggiunte a completamento di ogni riga. Per esempio, se la chiave fosse 25, 51, 78, significherebbe che la seconda riga sarebbe stata spostata all’inizio della sezione, con l’aggiunta iniziale di cinque lettere; la quinta al posto della seconda, con l’aggiunta di una sola lettera; la settima avrebbe preso il posto della terza, preceduta da otto lettere in più. Lo stesso dottor Patterson calcolò che la cifratura può superare i 90 milioni di milioni di combinazioni.

CODICE SVELATO - Non esiste alcuna prova del fatto che il codice sia mai stato decifrato prima, ma Thomas Jefferson era così convinto della sua efficacia che lo impose a tutto il Dipartimento di Stato e ne suggerì l’adozione all’ambasciatore francese Robert Livingston. Il merito della decifrazione spetta al dottor Lawren Smithline, un trentaseienne matematico esperto di crittografia al Centro di ricerca della comunicazione a Princeton, che ha violato il codice già nel 2007 ma ha pubblicato il suo studio solo recentemente su American Scientist. L’analisi è partita dallo studio di alcune coppie di lettere che in inglese non esistono, come le due consonanti “dx”: in particolare, Smithline ha passato al setaccio oltre 80 mila caratteri contenuti nel Discorso sullo Stato dell’Unione di Thomas Jefferson. Successivamente, ha azzardato alcune ipotesi sul numero di righe per ogni sezione e sul numero di lettere causali inserite, ricevendo un grande aiuto da uno strumento non ancora disponibile due secoli fa, ovvero un algoritmo calcolato dal computer. Dopo poco meno di centomila calcoli e una settimana di lavoro, la chiave numerica - 13, 34, 57, 65, 22, 78, 49 - suggerita nella prima lettera da Patterson a Jefferson, attraverso la criptazione dell’incipit della Dichiarazione di Indipendenza, è finalmente venuta allo scoperto.


Autore: Simone D'Ambrosio
Fonte: Corriere.IT
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